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Questi sposi amano la Chiesa nella quale sono stati generati. Conoscono la sua storia e la sua tradizione. Sanno che in essa è custodita la Parola ed è conservata l’Eucaristia. Provano amore per i suoi santi e gioiscono di questa comunione. Nella piena appartenenza alla Chiesa Cattolica significata dall’unione dei vescovi con il papa, senza rendersi estranei o giudici della loro chiesa locale e delle comunità parrocchiali, lavorano per il bene di tutti ed evitano l’orgoglio di sentirsi migliori. Questi sposi credono alle varie forme che la Chiesa sa trovare lungo a storia  per ravvivare la fede e ringraziano Dio che ha concesso loro di sentirsi più intensamente «discepoli del Signore». Per l’obbedienza della fede confidano  nella «direzione spirituale» intrapresa; assumono gli impegni individuali e comuni di questa particolare esperienza nella forma della promessa privata. Coltiveranno perciò questa appartenenza come il luogo più fondamentale e sintetico della loro coscienza e  della loro forma di vita, senza sottrarsi agli impegni personali e comuni. Cercano nei legami concreti dell’obbedienza il modo per restare  vigilanti, liberi e fedeli. Momento di particolare memoria è, per loro,  la «sera di Pasqua».   Il cammino di Emmaus sarà la loro strada e il luogo del loro discernimento. Allo spezzare del pane, come a tavola,  apriranno i loro occhi per vedere sempre più da vicino il Signore. Lì ritroveranno la sorgente della loro missione.
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Il Mistero di Dio si rivela in Gesù e si manifesta come progetto di salvezza per tutta l’umanità. La Chiesa è sacramento, segno e strumento di questa straordinaria benevolenza. La Chiesa è relativa al mistero di Dio e i Discepoli del Signore amano  questa insostituibile relazione. Nella Chiesa sono nati con il battesimo, alla Chiesa  sono contenti di appartenere, verso la Chiesa nutrono una singolare riconoscenza e nella Chiesa hanno introdotto i loro figli. Amano lo studio della storia della Chiesa e in particolare l’approfondimento  della vita spirituale, che lungo i secoli ha saputo esprimere. Per questo desiderano  conoscere le biografie e le esperienze dei santi, da cui attingono quella spirituale  saggezza che li aiuta nel discernimento di momenti difficili, nella loro vita personale e nella loro comunità. La conoscenza della storia permette a loro di non  abbandonarsi a letture pessimistiche della realtà contemporanea; al contrario, la  testimonianza dei santi li rende partecipi di itinerari spirituali possibili, ieri come oggi, dentro i quali possono rispecchiare la storia della loro fede e il loro crescente amore per Gesù.    I Discepoli del Signore nella Chiesa non amano posti particolari o emergenti  visibilità; essi sanno che ciò che li porta direttamente al cuore di Gesù e della sua  Chiesa è la ricerca quotidiana della santità personale, nella vita di ciascuno, nella relazione di coppia, nell’educazione dei figli e in tutte quelle circostanze che la  vita, attraverso la mano provvidente di Dio, non mancherà di disporre per loro.   Nella Chiesa i Discepoli del Signore gustano la comunione con Dio e la  promessa della riconciliazione tra tutti gli uomini; accolgono con gratitudine i doni  che la comunità cristiana offre continuamente a loro. Vivono in essa la comunione con il Papa e con i Vescovi, partecipano alla vita delle loro comunità parrocchiali, hanno stima per i sacerdoti e ne condividono spesso la dedizione pastorale. La  parola del Signore detta sempre in loro lo stile dell’autentica collaborazione:  «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio.  Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede» (Eb  13,7).  Capiscono dall’interno le difficoltà che le comunità cristiane attraversano in questo grande cambiamento culturale, non si abbandonano a facili giudizi su  situazioni o persone; cercano di leggere con sapienza spirituale i nuovi assetti  ecclesiali. Restando lontani da ogni forma di inutile polemica, si mettono invece a  disposizione con semplicità per i bisogni della comunità. Coscienti delle loro  responsabilità, anche familiari, non hanno l’ansia del fare, ma neppure si  sottraggono alle fatiche apostoliche.   Si impegnano a valorizzare il dono di ciascuno per il bene di tutti, sanno farsi avanti e sono capaci di tirarsi indietro, perché hanno la certezza che l’unico Spirito di Gesù parla a ciascuno e sollecita sempre persone nuove alla gioia del Vangelo. Infatti: «Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. » (1 Cor 12,4). Attraverso il sacramento del matrimonio esprimono nella Chiesa il loro dono  particolare, segno di un amore incorruttibile a cui Gesù ha voluto dare la dignità di sacramento. In maniera simbolica sentono ancora di più la loro appartenenza al  corpo di Cristo, che è la Chiesa: «Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (1 Cor  12,27).   Nella sua vita di fede, il cristiano cerca sempre di seguire una direzione  spirituale: vuole, cioè, camminare secondo lo Spirito di Gesù. Lo Spirito santo, il  Consolatore, è sempre l’unica guida della Chiesa e dei singoli credenti. All’interno  di questa grande prospettiva della fede, la tradizione ecclesiale, soprattutto nella sua configurazione moderna e occidentale, ha fatto sorgere lungo la storia la  pratica di una più specifica cosiddetta direzione spirituale Cfr. Serenthà Luigi,  Moioli Giovanni, Corti Renato, la Direzione spirituale oggi, Editrice Ancora, Milano,  1982, pp. 109; Pagani Severino, L’accompagnamento spirituale dei giovani, San  Paolo, Cinisello Balsamo, 1997, pp. 211.. I Discepoli del Signore hanno trovato in questa pratica spirituale un aiuto  valido per la loro vita, spesso fin dal tempo della loro giovinezza. È  stato talvolta  per loro un aiuto prezioso anche per il discernimento vocazionale, e continua nella
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vita ad essere un punto di riferimento singolare nella crescita della loro fede: sia in ordine al mantenere vivo il loro impegno di conversione, sia a proposito del dono del consiglio di fronte alle decisioni necessarie della vita coniugale e familiare. L’appartenenza alla comunità dei Discepoli del Signore si esprime anche, generalmente, nell’assunzione di una guida spirituale comune, di fronte alla  quale ciascuna coppia e tutta intera la comunità esprime, all’interno di una particolare celebrazione, la promessa di osservare quei segni di fedeltà, che  rendono concreta e condivisa l’esperienza. La richiesta di una direzione spirituale è fatta soltanto per la fede e ad essa continuamente si alimenta, in una disciplina evangelica che chiede l’umiltà del cuore e la sincerità della vita.  La direzione spirituale non è mai un percorso rigido uguale per tutti, al contrario chiede agli interlocutori un continuo ascolto delle intuizioni che lo Spirito non fa mai mancare.  Pur partecipando a diverse appartenenze e a più realtà ecclesiali, la direzione spirituale si pone ad un livello più specifico e più profondo, in cui la persona e la coppia esprimono e confrontano il loro vissuto di coscienza, pur  nella condivisione di un più generale impegno apostolico, sia  nella comunità cristiana sia nei confronti del mondo. Solo l’obbedienza della fede sostiene in questo cammino, e tutta la persona può trarne anche un conforto per la sua maturità umana.   
Nella vita di ogni comunità ci sono dei momenti simbolici particolari che danno luce e calore a tutta l’esperienza. In genere sono momenti di celebrazione o di festa, di studio o di solidarietà, di dolore o di gioia, di confronto o di progettualità. La comunità dei Discepoli del Signore riconosce nella celebrazione  eucaristica della sera di Pasqua di ogni anno il momento più bello e più significativo di tutta la sua vita comune. La pagina di Emmaus, che di per sè già  rappresenta un luogo sintetico di tutta la teologia di Luca, diventa per la comunità un luogo spirituale che interpreta la vita del cristiano ed introduce ad un progressivo ed eucaristico riconoscimento di Gesù: «Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus,  distante circa undici chilometri da Gerusalemme».(…)«Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si  aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.» (Lc. 24,13.30-31). Tutti gli anni, nella sera di Pasqua, la comunità si ritrova insieme e nella celebrazione eucaristica rinnova, nella forma privata, la promessa di mantenersi  fedele ai segni che contraddistinguono l’esperienza dei Discepoli del Signore. Questa promessa si configura come un impegno della durata di un anno, e  può,  anche per qualsiasi  motivo, non essere rinnovata. La forte suggestione emotiva di questo momento corrobora l’oggettività spirituale della grazia e  della responsabilità: è un conforto per tutti e si rivela, lungo i giorni dell’anno,  un sostegno sorprendente affinché ciascuno torni sempre da capo nel luogo evangelico della sua quotidiana missione.
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